Epatite C: Bassa percezione rischio nella popolazione
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Solo alcune Regioni hanno avviato delle procedure operative di screening per l’epatite (HCV) sulla popolazione generale e target nonostante questo rappresenti l’unico strumento altamente costo-efficace per scoprire il sommerso e per raggiungere l’obiettivo dell’OMS di eliminazione dell’epatite C“.

Lo ha detto Loreta Kondili, medico ricercatore presso il Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e responsabile della Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie delle Epatiti Virali (PITER), nel corso del suo intervento al convegno ‘Screening di popolazione per combattere l’HCV’, che si è tenuto a Roma.

Per eliminare l’HCV, un virus oncogeno responsabile di circa il 70% degli epatocarcinomi in Italia – aggiunge l’esperta – è indispensabile attuare in tutte le regioni un piano di screening con metodi organizzativi più efficienti e reattivi basato su un’adeguata sensibilizzazione e comunicazione della popolazione e del personale sanitario sia per il controllo di malattia che per la riduzione delle infezioni“.

L’ALLARME: C’E’ UNA BASSA PERCEZIONE DEL RISCHIO NELLA POPOLAZIONE

C’è una bassa percezione del rischio – prosegue Kondili – nella popolazione generale. Non sono solo i tossicodipendenti o solo certe categorie che rischiano. I 60 e 80 enni, che al tempo sono stati trattati con le siringhe di vetro una volta utilizzate su più persone, credendo di poterle sterilizzare in acqua bollente, chi ha subito interventi odontoiatrici ed estetici persino negli anni 2000 può essere a rischio di Epatite C. Le persone che si sono sottoposte a tatuaggi, nei tempi in cui la sterilizzazione non era altissima, dovrebbero fare il test per l’Epatite C. Naturalmente è altrettanto importante intercettare i pazienti più giovani o chi ha usato sostanze stupefacenti anche 10 anni fa“.

IMPORTANTE ATTUARE CAMPAGNE PREVENZIONE E COMUNICAZIONI

Esistono due tipi di prevenzione – ribadisce quindi la Kondili – la prima rivolta ai soggetti giovani per prevenire e rompere la catena delle infezioni. Chi appartiene a queste fasce d’età può avere maggiori comportamenti a rischio di trasmissione dell’infezione. I secondi destinatari sono i soggetti più anziani, nei quali la prevalenza della malattia è altrettanto alta. In questi soggetti è importante fare diagnosi perché molto spesso intercettiamo la presenza del virus in stadio avanzato quando l’HCV ha ormai prodotto danni significativi al fegato“.

“È essenziale focalizzare lo sguardo, oltre che sulla popolazione generale anche ai veri e propri ‘serbatoi’ dell’infezione e cioè i pazienti dei Serd, i carcerati e gli immigrati ad alto rischio di infezione. Il progetto sperimentale e relativo fondo che stanzia per 2 anni risorse per lo ‘Screening gratuito HCV’, va recuperato. Credo che anche i medici di medicina generale debbano essere gli attori nella lotta all’Epatite C. Per questo credo anche nello screening opportunistico: proporre il test per rilevare l’Epatite C quando ci si screena per Covid o si fa un accesso in ospedale”.

COD. HCV 22034