Come mai alcuni pazienti hanno sintomi lievissimi di COVID-19 e altri finiscono in terapia intensiva, rischiando la vita?
A identificare le caratteristiche “spia” della gravità della malattia emersa a Wuhan, in Cina, e poi diffusasi in tutto il mondo, è uno studio pubblicato su “Nature” dal team di Xiaonan Zhang dello Shanghai Public Health Clinical Center presso la Fudan University di Shanghai. I ricercatori hanno analizzato i dati clinici, molecolari e immunologici di 326 casi confermati di COVID-19 a Shanghai.
Ebbene, secondo i ricercatori le variazioni genetiche del virus non avrebbero influenzato la sua aggressività, mentre l’età dei pazienti e determinate altre caratteristiche possono essere considerate una spia della gravità di COVID-19.
Le sequenze genomiche di SARS-CoV-2, raccolte da 112 campioni, insieme alle sequenze fornite dall’Iniziativa globale sulla condivisione di tutti i dati sull’influenza (Gisaid) hanno mostrato un’evoluzione stabile del virus e hanno suggerito due principali linee con una storia di esposizione diversa durante la prima fase dell’epidemia a Wuhan. Tuttavia queste linee hanno mostrato “virulenza e risultati clinici simili”. La linfocitopenia, in particolare il ridotto numero di cellule T Cd4 e Cd8 al momento del ricovero, si è rivelato predittivo della progressione della malattia.
Età dei pazienti, linfocitopenia e tempesta citochinica
Inoltre alti livelli di IL-6 e IL-8 durante il trattamento sono stati osservati in pazienti con malattia grave o critica, e sono correlati con una ridotta conta dei linfociti. Secondo i ricercatori i fattori chiave per prevedere la gravità della malattia sembrano dunque collegati a elementi come l’età dei pazienti, la linfocitopenia e la tempesta citochinica, mentre la variazione genetica del virus non avrebbe influenzato significativamente la sua aggressività.